Dormire bene fra i 50 e i 60 anni riduce il rischio di demenza senile
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communication, chi fra i 50 e i 60 anni riposa meno di 6 ore a notte nei 30 anni successivi ha una probabilità di andare incontro a demenza di circa il 30% maggiore rispetto a chi ne dorme almeno 7. I ricercatori sono giunti alla conclusione analizzando i dati ottenuti attraverso uno studio a lungo termine che riporta le abitudini di sonno di quasi 8.000 adulti nel Regno Unito. Nella maggior parte dei casi la ricerca è stata condotta chiedendo loro quanto dormissero. Avere una percezione esatta non è facile perché, come noto, oltre alle ore passate a letto, conta soprattutto la qualità del sonno.
Pur con questi limiti, la ricerca suggerisce che dormire a sufficienza sia necessario per una corretta attività cognitiva e soprattutto perché funzioni a dovere il sistema linfatico, lo «spazzino» del cervello che rimuove i prodotti di scarto e i detriti, fra cui la proteina beta-amiloide coinvolta nello sviluppo dell’Alzheimer.
I ricercatori hanno anche adattato i loro risultati a diversi comportamenti e caratteristiche, come il fumo, il consumo di alcol, lo stato civile, il diabete, il livello di forma fisica e le malattie cardiovascolari.
L’autrice principale dello studio Séverine Sabia, epidemiologa presso l’Istituto Nazionale Francese di Salute e Ricerca Medica, in una dichiarazione ottenuta dal Wall Street Journal dichiara “Anche se non possiamo dire che la durata del sonno abbia un impatto causale sulla demenza, sarebbe bene incoraggiare un buon regime di sonno“.
Alla luce dei risultati, la ricercatrice lavora per sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto a migliori abitudini di sonno e a implementare una routine della buonanotte che promuova un sonno sano. Ad esempio è sconsigliato l’uso dei cellulari a letto e si consiglia di ridurre la visione della TV prima di coricarsi.
La ricerca è arrivata un giorno dopo che uno studio pubblicato sull’European Heart Journal ha rivelato che pattern di sonno gravemente interrotti potrebbero raddoppiare le possibilità che una donna muoia per malattie cardiache.ù
fonte: Corriere della Sera