CPAP nel preospedaliero
Fonte: Nurse24.it
CPAP è l’acronimo di Continuous Positive Airway Pressure, ovvero pressione positiva continua delle vie aeree. In emergenza, questa tecnica viene utilizzata per reclutare un numero maggiore di alveoli polmonari, altrimenti esclusi dagli scambi gassosi. Per questo motivo, il suo utilizzo si è fatto strada negli ultimi anni, arrivando anche nell’emergenza territoriale.
Cos’è la CPAP e a cosa serve
La CPAP è una modalità di ventilazione non invasiva che prevede che, attraverso presidi esterni al paziente (che rimane sveglio e collaborante), si applichi una pressione positiva continua nelle vie aeree in tutte le fasi della respirazione (riposo, inspirazione ed espirazione).
Gli obiettivi della CPAP sono principalmente:
- Trattamento precoce per evitare l’intubazione
- Trattamento come alternativa alla ventilazione invasiva
- Nel weaning dalla ventilazione invasiva
- Dopo estubazione per prevenire la re-intubazione
In ambito preospedaliero, viene utilizzata per raggiungere i primi due, in quanto i rimanenti prevedono il suo utilizzo in un ambito di Terapia Intensiva.
Come detto in precedenza, la CPAP prevede che il paziente sia in respiro spontaneo; le condizioni che devono essere rispettate per il suo utilizzo sono dunque la collaborazione del paziente, la presenza di un adeguato drive respiratorio e la capacità da parte del paziente di proteggere le sue vie aeree.
Fisiologia della CPAP
La CPAP esplica i suoi effetti sia sul polmone che sul cuore. Per quanto riguarda l’apparato respiratorio, questo trattamento è in grado di aumentare la capacità funzionale residua e la compliance polmonare, aumentando di conseguenza la ventilazione, l’ossigenazione e riducendo al tempo stesso il lavoro respiratorio. In questo modo, dunque, migliora l’ipossia. Oltre a ciò, è in grado di reclutare un numero maggiore di alveoli (migliora il rapporto ventilazione/perfusione) ed impedisce il de-reclutamento alveolare anche aumentando la produzione surfactante. Infine, la CPAP riduce lo shunt intrapolmonare, contrasta gli effetti di autopeep e iperinflazione dinamica spostando la curva volume/pressione in un punto più favorevole.
In riferimento agli effetti cardiocircolatori, la CPAP aumenta la pressione della vena cava, riducendo in questo modo il ritorno venoso. Così facendo, vi è un aumento della Pressione Venosa Centrale (PVC), con conseguente minor riempimento delle cavità cardiache: per questo effetto, la Pressione Arteriosa diminuisce. Ciò viene supportato anche da un aumento del postcarico a causa di un’aumentata tensione di parete aortica, fattore che contribuisce alla riduzione della pressione arteriosa. In fine, la CPAP aumenta la tensione delle pareti cardiache di entrambi i ventricoli: in questo modo, aumenta la pressione che il ventricolo deve esercitare per contrarre le pareti, con conseguente diminuzione della pressione arteriosa.